Una patologia che da sempre rappresenta una sfida per l’Ortopedico e per la quale molti progressi si sono fatti nel campo della prevenzione.
La Displasia Congenita dell’Anca è una malattia molto insidiosa, le cui conseguenze -sul piano della vita di relazione e sull’autonomia deambulatoria- sono molto gravi soprattutto nell’adulto, con spiacevoli ripercussioni personali e sociali. Basti ricordare un dato su tutti: secondo il Registro Emiliano-Romagnolo delle protesi d’Anca (RIPO), circa il 13% delle Artroprotesi di Anca in età adulta (ovvero circa 2400 interventi/ anno nella sola regione) sono eseguite in esiti di Displasia o Lussazione Congenita d’Anca, per la maggior parte su pazienti giovani (40-50 anni d’età). L’obiettivo della cura è di evitare tali esiti, intervenendo nel piccolo paziente quanto prima, per evitare che le modificazioni – reversibili nei primi mesi di vita- diventino poi irreversibili. Il termine Displasia Congenita dell’Anca racchiude in se una varietà di alterazioni di sviluppo dell’anca del bambino, di diversa gravità, anche in rapporto all’età nella quale sono diagnosticate. In Italia l’incidenza è di circa 1 caso ogni 700-1000 nati.
Di solito la causa della Displasia dell’Anca è legata a un’eccessiva lassità della capsula articolare, che non riesce a mantenere in sede la testa del femore nella cavità acetabolare. A ciò consegue un’alterazione (displasia) dei capi articolari. Nei casi più gravi, la testa del femore può trovarsi parzialmente decentrata (sublussazione) oppure, peggio ancora, completamente fuori dall’articolazione dell’anca (lussazione). Tra un’Anca sana, sviluppata regolarmente e un’Anca gravemente lussata, esiste uno spettro di variabili di diversa gravità e con diversa prognosi, sia in merito alle deformazioni ossee e articolari che all’età nella quale tali deformità sono riscontrate. La Displasia dell’Anca è una patologia che progredisce nel tempo: una forma anche lieve di displasia, se non curata, può evolvere in una forma grave di lussazione con la crescita del piccolo paziente. Da ciò la necessità di individuare precocemente tutte le Anche malate, incluse quelle “poco malate” per mettere in atto quei provvedimenti consoni alla normalizzazione del quadro anatomico.
A differenza di Caviglie, Ginocchia e Piedi, l’Anca è un’articolazione “nascosta”, poco evidente e più difficilmente indagabile all’esame clinico (una problematica anche lieve è molto più facilmente visibile, per esempio da un genitore, in altre sedi come i Piedi o le Ginocchia) e può accadere che i primi segni di una malattia dell’Anca vengano apprezzati molto avanti durante la crescita del piccolo paziente, quando ormai si è già in una fase avanzata della patologia, con il rischio di vedere compromessa per sempre la funzionalità dell’articolazione. Da ciò, la necessità di una precoce diagnosi delle patologie dell’Anca, anche avvalendosi di metodiche Strumentali e non solo dell’esame clinico obiettivo; in tal senso, negli ultimi 30 anni è stata messa a punto una tecnica di ECOgrafia dell’Anca (secondo il Metodo Graf) che ha rivoluzionato totalmente l’approccio alla Displasia dell’Anca, dando – con una diagnosi molto precoce- le armi per il trattamento ortopedico non chirurgico della malattia. Il pregio della valutazione Ecografica è quello di poter identificare le anche cosiddette ”mute”, che non danno segno di patologia all’esame clinico; sono quei casi “lievi” che possono così facilmente sfuggire al trattamento ed esitare poi in forme gravi di Displasia. In questi casi il trattamento con divaricatore -e il monitoraggio ecografico (e/o radiografico se necessario) – può riportare la condizione anatomica entro i margini del fisiologico. L’ECOgrafia è un esame indolore e senza rischi per il piccolo paziente. Grazie allo screening generalizzato su tutto il territorio nazionale, su tutti i nati vivi, in Paesi come Germania, Austria, Svizzera e in altri Stati dell’Est Europa, si è portata in sostanza a zero la percentuale di Lussazione dell’Anca e dei suoi esiti.
E’ risaputo che nei primi mesi di vita, la displasia può essere facilmente corretta con sistemi di contenzione delle Anche in abduzione (Divaricatori). In linea di massima, nelle fasi inziali e nelle forme meno gravi si possono utilizzare Divaricatori Non Rigidi o Dinamici. Col progredire dell’età e al persistere della displasia potranno essere necessari Divaricatori Rigidi e finanche potrà richiedersi l’utilizzo di Apparecchi Gessati. Ognuno di questi trattamenti presenta però anche rischi di complicanze, tra le quali vi è la temibile Necrosi Cefalica (sia pur rara, quasi sempre legata all’uso di mezzi di divaricazione rigidi). Nelle Forme gravi di Lussazione o Sublussazione in piccoli di età superiore ai 6-8 mesi potrebbe già rendersi necessario l’intervento chirurgico di riposizionamento della testa femorale in sede, associato o meno a tempi chirurgici sull’osso sia del bacino che del femore. L’anca Operata non ritornerà mai uguale a un’anca normale, come quella fatta dalla natura; in quest’ottica, arrivare all’intervento chirurgico- una necessità non altrimenti evitabile- rappresenta già di partenza una sconfitta della Terapia.
MZ